Newsletter n. 04 - aprile 2019

L’approccio chirurgico per il dolore alla spalla può funzionare? CSAW Study

Commento all’articolo "Arthroscopic subacromial decompression for subacromial shoulder pain (CSAW): a multicentre, pragmatic, parallel group, placebo-controlled, three-group, randomised surgical trial" Beard DJ, Rees JL, Cook JA, Rombach I, Cooper C, Merritt N, Shirkey BA, Donovan JL, Gwilym S, Savulescu J, Moser J, Gray A, Jepson M, Tracey I, Judge A, Wartolowska K, Carr AJ; CSAW Study Group

SPALLA

A cura di: Dott.ssa Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (Fisioterapista, OMPT; Assistente alla didattica del Master in Riabilitazione dei Disordini Muscoloscheletrici, Università degli studi di Genova), Dott.ssa Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (Fisioterapista, OMPT; Assistente alla didattica del Master in Riabilitazione dei Disordini Muscoloscheletrici, Università degli studi di Genova), Dott. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (Fisioterapista, OMPT; Docente del Master in Riabilitazione dei Disordini Muscoloscheletrici, Università degli studi di Genova) e Dott. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (Fisioterapista, OMPT; Docente del Master in Riabilitazione dei Disordini Muscoloscheletrici, Università degli studi di Genova).

La decompressione sub-acromiale è una pratica chirurgica spesso applicata a soggetti con dolore alla spalla; sembra però che il miglioramento di dolore e funzione riportati dal paziente non sempre correli con le strutture rimosse durante l’intervento chirurgico. Da qui, l’esigenza di stabilire quale sia la validità del costrutto anatomico su cui si basa la tecnica di chirurgia decompressiva sub-acromiale. Beard et al. hanno proposto uno studio multicentrico randomizzato pragmatico a gruppi paralleli con 313 pazienti, con dolore di spalla da almeno 3 mesi, tendini della cuffia dei rotatori intatti, precedente gestione conservativa del dolore di spalla mediante esercizio o iniezioni di corticosteroidi senza beneficio.

I soggetti reclutati, suddivisi in 3 gruppi, sono stati sottoposti ad approccio chirurgico di decompressione sub-acromiale artroscopica (gruppo 1), artroscopia investigativa (gruppo 2) o no-treatment (gruppo 3); i gruppi 1 e 2 hanno intrapreso in seguito un percorso fisioterapico.

L'Oxford Shoulder Score (OSS) è stato scelto come outcome primario a 6 mesi, ritenuto un efficace indicatore dei cambiamenti nel dolore e nella funzione della spalla dopo chirurgia decompressiva1. Lo studio in questione ha un basso rischio di bias per il processo di randomizzazione, l’allocazione dei pazienti, la valutazione degli outcome in cieco, l’analisi dei risultati intention-to-treat. I due aspetti con un alto rischio di bias sono la non cecità del gruppo no-treatment rispetto al loro trattamento e la non cecità degli operatori. La validità interna dello studio sembra quindi essere piuttosto alta. A 6 e 12 mesi i punteggi all’OSS dei pazienti del gruppo di decompressione, rispetto alla sola artroscopia, non differiscono in maniera statisticamente significativa, mostrando un’assenza di superiorità dell'approccio chirurgico tradizionale rispetto alla chirurgia placebo. I due trattamenti invasivi risultano superiori statisticamente rispetto al gruppo no-treatment: tuttavia rimane dubbia la presenza di un cambiamento clinicamente rilevabile, in quanto la minimal clinically important difference per l’OSS sarebbe di 6 punti2, mentre nello studio i 2 gruppi chirurgici rispetto al no-treatment differiscono di 4 punti. Quindi, i miglioramenti post-chirurgici non sembrerebbero dovuti alla rimozione di osso, borsa e/o tessuti molli per evitare l’impingement. La differenza tra il trattamento chirurgico e il no-treatment potrebbe essere attribuibile ad altri fattori, inclusi l’effetto placebo della chirurgia, effetti non ancora identificati dell’artroscopia esplorativa oppure il riposo e la fisioterapia associata al trattamento chirurgico. Sarebbe opportuno analizzare più attentamente altri aspetti alla base dei meccanismi del dolore, come la sfera psico-sociale, così da comprendere possibili cause e individuare il miglior trattamento da intraprendere.


Il cammino può essere considerato una proposta terapeutica efficace per il trattamento del LBP cronico?

Commento all’articolo “The effectiveness of walking versus exercise on pain and function in chronic low back pain: a systematic review and meta-analysis of randomized trials”, Vanti C et al 2017

LOMBALGIA

A cura di: Dott.ssa Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (Fisioterapista, OMPT; Docente Master Riabilitazione dei Disordini Muscoloscheletrici, Università degli studi di Genova)

La revisione sistematica in oggetto è stata redatta con l’obiettivo di valutare l’efficacia del cammino nel trattamento del LBP cronico in riferimento a outcome quali dolore, disabilità, qualità di vita e comportamento di paura ed evitamento, confrontandolo con altre tipologie di esercizi terapeutici. Dalla metanalisi elaborata in cui sono stati presi in considerazione 5 studi (3 studi hanno analizzato gli effetti del cammino in associazione all’esercizio mentre 2 hanno analizzato gli effetti del cammino come unico trattamento) emerge che non sussiste una differenza statisticamente significativa tra il gruppo studio e il gruppo controllo ovvero che non è possibile definire il cammino come intervento maggiormente efficace rispetto ad altri trattamenti attivi in pazienti con LBP cronico. Di contro questo risultato ci permette di evincere anche che il cammino, in pazienti con LBP cronico, è parimenti efficace nella riduzione del dolore, disabilità, miglioramento della qualità di vita e riduzione del comportamento di paura ed evitamento rispetto ad altre forme di trattamento. Questi risultati erano stati ottenuti anche in altre revisioni sistematiche e metanalisi3. Questo porta a una doppia riflessione: una di tipo socio-economico, l’altra di tipo clinica. Dal punto di vista economico il cammino come proposta terapeutica in pazienti con LBP cronico può rappresentare un punto di forza per il contenimento della spesa pubblica. Nello studio del 2015 Hurley ha riportato come dall’analisi sui costi, diretti e indiretti, dei diversi trattamenti a cui si erano sottoposti i pazienti, il cammino risultasse essere il meno dispendioso. Dal punto di vista clinico il risultato equivalente ottenuto tra un trattamento non specifico quale il cammino e trattamenti specifici (esercizi specifici) avvalora l’ipotesi che il LBP cronico non sia necessariamente correlato a causa specifica ma piuttosto a cause multifattoriali con coinvolgimento di aspetti psicologici, psicosociali e comportamentali4.

Non è ancora chiaro come il cammino possa avere effetti positivi in pazienti con LBP cronico. Attualmente si sta discutendo sulla correlazione tra attività fisica e funzionalità del sistema neuro-endocrino-immunitario. Sembrerebbe che tale sistema, in risposta all’esercizio fisico, promuova il rilascio di endocannabinoidi, di serotonina e oppioidi, favorisca i fattori di neurogenesi e vari la produzione di cortisolo5. Inoltre, se svolta con intensità gradualmente crescente, rispettando le preferenze del paziente, l’attività fisica potrebbe contribuire alla modulazione discendente del dolore6.

Infine, c’è da sottolineare che il cammino oltre a essere efficace in pazienti con LBP cronico può apportare benefici sia dal punto di vista psicologico in riferimento ad ansia e depressione7, sia fisico, con effetti sul sistema cardiocircolatorio (aumento della capacità aerobica, riduzione della pressione sistolica e diastolica)8, sulla funzionalità metabolica9 e sulla funzionalità renale10. Tutto questo può contribuire al miglioramento dello stato di salute generale del paziente. Come raccomandano le linee guida relative al management del mal di schiena11 il paziente dovrebbe quindi mantenersi il più possibile attivo e svolgere attività fisica. Dai dati emersi il cammino potrebbe essere una valida proposta di attività fisica. È necessario, tuttavia, approfondire in maniera più accurata quale possa essere la modalità di esecuzione di cammino più efficace in termini di intensità, frequenza, durata e setting.. 


Definitivamente dimostrata l'efficacia dell’esercizio terapeutico nell’osteoartrosi di ginocchio e anca

Commento all’articolo: “Exercise for lower limb osteoarthritis: systematic review incorporating trial sequential analysis and network meta-analysis” published on the BMJ 2013 by Uthman et al.

GINO

A cura di: Dott. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (FT, OMPT; Collaboratore alla didattica del Master in Riabilitazione dei Disordini Muscoloscheletrici, Campus Universitario di Savona, Università degli Studi di Genova) e Dott.ssa Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (FT, OMPT; Collaboratore alla didattica del Master in Riabilitazione dei Disordini Muscoloscheletrici, Campus Universitario di Savona, Università degli Studi di Genova)

L’osteoartrosi (OA) è una delle principali cause di dolore e disabilità al mondo12. In letteratura l’esercizio terapeutico (ET) è raccomandato nel trattamento della OA con lo scopo di ridurre il dolore e di migliorare la funzione13-16. La somministrazione di ET prevede diverse tipologie e modalità: a secco, in acqua, esercizi di rinforzo, esercizi di stretching/flessibilità, esercizio aerobico, incremento dell’attività fisica in generale. Gli studi randomizzati controllati e, in seguito, le revisioni sistematiche si sono prevalentemente occupati di confrontare testa a testa le varie tipologie di intervento. Il lavoro di Uthman et al. 2013 è il primo studio che si propone di raggiungere evidenze conclusive riguardo l’efficacia di tutte le tipologie di ET nel ridurre il dolore e recuperare la funzione in pazienti con OA, avvalendosi di strumenti quali la Trial Sequential Analysis (TSA) e la network-metanalisi. In questa revisione, 60 articoli hanno soddisfatto i criteri di inclusione, fornendo una popolazione totale di 8218 pazienti adulti affetti da artrosi all’anca, al ginocchio (73% degli studi inclusi) o a entrambi. I tempi di valutazione considerati spaziano in un range tra le 4 e le 79 settimane. Analogamente al calcolo del campione in un trial, la TSA è il calcolo del campione necessario per una revisione per raggiungere la potenza necessaria a determinare un effetto significativo di un intervento. La TSA in questa revisione ha dimostrato l’effetto statisticamente significativo dell’ET nel trattamento della OA rispetto al gruppo di controllo (no esercizio) già dagli studi pubblicati a partire dal 2002 raggiungendo la potenza statistica necessaria per dimostrarne l’efficacia conclusiva sia per la riduzione del dolore che per il recupero della funzione.

La network meta-analisi ha lo scopo di definire quale tra gli interventi inclusi risulti essere maggiormente efficace. Nello specifico in questa revisione, gli autori hanno preventivamente categorizzato gli approcci di somministrazione degli esercizi con obiettivi simili in 3 gruppi: esercizi prevalentemente rivolti al rinforzo (1), alla flessibilità (2), alla capacità aerobica (3). Successivamente è stata eseguita un’analisi di probabilità cumulata per definire gli interventi dal più efficace al meno efficace. Per la riduzione del dolore, l’ET è risultato più efficace rispetto al controllo (no esercizio) ma non risulta alcuna differenza statisticamente significativa tra i diversi tipi di approccio ET. Tuttavia, la tendenza sembra favorire l’utilizzo di esercizi di rinforzo in acqua associata a esercizi aerobici di flessibilità, seguito in classifica dal solo rinforzo e dal rinforzo in acqua associato all’esercizio aerobico.

Da questi risultati si evince che l’ET è una strategia importante per ridurre il dolore e mantenere la funzione nei pazienti con osteoartrosi. Il livello di evidenza scientifica raggiunta conferma in maniera definitiva il ruolo fondamentale dell’esercizio rispetto al non-esercizio, per cui i ricercatori potrebbero concentrarsi a studiare altri interventi evitando sprechi di risorse per continuare a indagare un intervento già assodato da oltre 15 anni; i clinici dovrebbero invece promuovere sempre di più l’esercizio fisico nei loro programmi di riabilitazione, in particolare quello che aumenta la flessibilità e la capacità aerobica.


Bibliografia

1-2 Christiansen, 2015 National Collaborating Centre for Chronic Conditions. Osteoarthritis: national clinical guideline for care and management in adults. Royal College of Physicians, 2008.

3  Lawford, BJ. 2016. "Does walking improve disability status, function, or quality of life in adults with chronic low back pain? A systematic review." Clinical Rehabilitation 30: 523-536.

4 Linton, SJ. 2011. "Impact of Psychological Factors in the Experience of Pain." Physical Therapy 91

5 Eller-Smith, CO. 2015. "Potential Mechanisms Underlying Centralized Pain and Emerging Therapeutic Interventions ." Frontiers in Cellular Neuroscience 12 (35)

6 Nijs, J. 2012. "Dysfunctional Endogenous Analgesia During Exercise in Patients with Chronic Pain: To Exercise or Not to Exercise?" Pain Physician 15

7 Kelli, P. 2018. "Walking on sunshine: scoping review of the evidence for walking and mental health." British Journal of Sport Medicine 12 (52): 800-806

8 Murtagh, EM. 2015. "The effect of walking on risk factors for cardiovascular disease: an updated systematic review and meta-analysis of randomised control trials." Preventive Medicine 72: 34-43

9 Hanson, S. 2015. "Is there evidence that walking groups have health benefits? A systematic review and meta-analysis." British Journal Of Sport Medicine 49: 710-715

10 Yu, D. 2018. "Walking, But Not Other Physical Activity at a Higher Intensity, Is Associated With Improved Kidney Function: A Cross-Sectional Health Survey of General Adult Population." Journal of Physical Activity and Health (28): 1-5

11 NationalGuidelineCenter. 2016. "Low Back Pain and Sciatica in Over 16s: Assessment and Management."

12 National Collaborating Centre for Chronic Conditions. Osteoarthritis: national clinical guideline for care and management in adults. Royal College of Physicians, 2008.

13 Fransen M, McConnell S, Hernandez-Molina G, Reichenbach S. Exercise for osteoarthritis of the hip. Cochrane Database Syst Rev 2009;3:CD007912.

14 Rannou F, Poiraudeau S. Non-pharmacological approaches for the treatment of osteoarthritis. Best Pract Res Clin Rheumatol 2010;24:93-106.

15 Roddy E, Zhang W, Doherty M, Arden NK, Barlow J, Birrell F, et al. Evidence-based recommendations for the role of exercise in the management of osteoarthritis of the hip or knee—the MOVE consensus. Rheumatology (Oxford) 2005;44:67-73.

16 Zhang W, Doherty M, Arden N, Bannwarth B, Bijlsma J, Gunther KP, et al, EULAR Standing Committee for International Clinical Studies Including Therapeutics (ESCISIT). EULAR evidence based recommendations for the management of hip osteoarthritis: report of a task force of the EULAR Standing Committee for International Clinical Studies Including Therapeutics (ESCISIT). Ann Rheum Dis 2005;64:669-81.

17  Zhang W, Nuki G, Moskowitz RW, Abramson S, Altman RD, Arden NK, et al. OARSI recommendations for the management of hip and knee osteoarthritis: part III: Changes in evidence following systematic cumulative update of research published through January 2009. Osteoarthritis Cartilage 2010;18:476-99.

 

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